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Creato: Venerdì, 26 Giugno 2009 01:00
IL GIORNALE DI VICENZA
Venerdì 26 Giugno 2009
CINEMA. PRESENTATO IERI UN TRAILER DEL FILM INTERAMENTE GIRATO A VICENZA
Parisi: I miei giovani in lotta per un futuro
La ex soubrette, al debutto da regista, ha chiuso le riprese di “Blind Maze” che ora passa al montaggio e guarda a Venezia
Nicoletta Martelletto, VICENZA
Era la bambola bionda del sabato sera, ora è un sergente di ferro. In quattro settimane ha diretto e chiuso il suo primo film, girato interamente a Vicenza. Disciplina da West Point, un ottimo produttore esecutivo come Franco Bocca Gelsi e largo affetto per la troupe le hanno consentito di risparmiare una settimana di riprese e di essere già alle prese col montaggio.
«Grazie a tutti, mi avete aiutato: gli enti, i privati, la gente...». Heather Parisi non ha mezze misure: travolgente nelle relazioni, ma anche molto esigente con se stessa («sono abbastanza cazzuta» sintetizza). E in questa prova d’autore - dove è sceneggiatore, regista e produttore - ha messo tutto tutto di sè (soldi compresi) per raccontare una storia dei nostri giorni in chiave veneta ma con i ritmi ed i tempi del cinema americano di oggi.
Ieri nella sede di “Vicenza è”, dove ha sede Vicenza Film commission (che ha pagato i mille pernottamenti della troupe), Parisi ha mostrato un trailer del film: qualche minuto girato nell’intoccabile teatro Olimpico dove per la verità la troupe è rimasta la bellezza di nove giorni, benedetta da l sindaco Variati. Sul palcoscenico scorre un rap, si improvvisa break dance, ci si rotola ridendo. Un teatro-labirinto come è la vita. Un teatro che diventa la scuola di aspiranti artisti.
«Blind maze. Ragazzi dalla pelle sottile» è il titolo del film che in 90 minuti promette emozioni, oltre che squarci di Vicenza e dintorni, utili a promuovere l’immagine della provincia, come ha sottolineato Dino Secco presidente di Vicenza è e accompagnato dal consigliere delegato Vladimiro Riva. La pellicola è un insieme di parallele dove la secante è la paura del futuro: «Ma i miei giovani non so! no come vengono descritti di solito, vuoti, superficiali ed indifferenti - osserva Parisi - Li ho guardati con i loro occhi, hanno molto da dire agli adulti».
Basti pensare che il copione, anticipato alla mostra del cinema di Venezia nel 2008, è stato stravolto o durante le audizioni,con buon contributo delle figlie di Heather e del suo compagno Umberto Maria Anzolin. «Avevo pensato ad una giovane americana che torna in Veneto alla ricerca delle origini, ma ho cambiato tutto, e forse questa storia la terrò buona per un sequel» commenta la regista. Nel cast pochissimi professionisti e tanti debuttanti: comprese Rebecca e Jacquelina Luna Parisi e Guendalina Anzolin, dirette «come gli altri, anzi chiedendo qualcosa in più. Niente favoritismi, anzi hanno voluto alloggiare non con noi ma con i colleghi» riferiscono i due genitori.
I vicentini del cast sono solo Paolo Trotta nei panni di Mirco e Guendalina Anzolin in quelli di Lucrezia, più il volto di un barman; gli altri sono veneti, romani, milanesi. Di colore ma italianissimo Lorenzo Marinoni nei panni di Chicco. Lucrezia è un personaggio centrale: diciottenne, resta incinta ad una festa, la madre vuole farla abortire ma il richiamo della vita sarà forte. Diamante invece ha 14 anni ed è vittima di un abuso paterno; Mirco è figlio di un imprenditore e non vu ole seguire le orme paterne; Chicco, ventenne e gay, sogni di gloria nello spettacolo, deve fare i conti col padre sessantenne che perde il lavoro. E poi c’è Giulia, la vera Giulia Piana di “Amici 2008”, che non riesce più a ballare per la mancata intesa col prof.Carlini... La scuola d’arte dove maturano rabbie e destini è una accademia che Parisi sognerebbe davvero di aprire a Vicenza, proclamata a tutto gli effetti il suo vero amore: «Anche perchè qui si lavora giusti, senza perdere tempo, alle 9 del mattino, non come a Roma o Milano...».
Un evento - se non addirittura la presentazione - annuncerà “Blind Maze” alla mostra del cinema di Venezia in settembre. Intanto si cercano i canali di distribuzione.
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Creato: Domenica, 07 Giugno 2009 01:00
Il Gazzettino, 7 Giugno 2009
- Allora, signora Parisi, come vedremo Vicenza nel suo film?
(Stefano Ferrio)
«Molto viva, molto seducente. Una provincia felice. È un’idea che ho voluto rendere sin dalla prima scena, quando seguiamo un ballerino che cammina in mezzo al mercato di piazza dei Signori, ed è come se passasse attraverso le bancarelle in modo magico, avvolgente. Finché, all’improvviso... Un balzo».
Cosa succeda all’improvviso con quel balzo non è chiaro, nè sembra così utile capirlo. Eppure, già questo "trailer", quest’anteprima a voce ci fa dire "attenzione a Blind Maze", film su un gruppo di giovani e sognanti ballerini ambientato tutto a Vicenza, e pronto a uscire per l’autunno, dopo auspicabile passaggio al festival di Venezia. Quattro le settimane di ciak, finiti ieri dopo avere mobilitato una troupe dai ritmi forsennati fra teatro Olimpico, Monte Berico, stradine del centro, Villa Cordellina e altre lussuose magioni.
Attenzione, ripetiamo, perché è un "Blind Maze", un labirinto cieco da dove, al posto del Minotauro, può uscire una "nuova autrice" di cui parlare. Proprio Heather Parisi, quarantanovenne ballerina e soubrette fra le più note nella storia della Rai. Americana sì, ma anche italianissima. Squisitamente nazionalpopolare da quando, nemmeno ventenne, iniziava a svolazzare adrenalinica in un "Apriti sabato" da cui decollare imprendibile per le audience milionarie di "Fantastico".
Allora come oggi colpiscono in lei una dionisiaca esuberanza, una furente determinazione, una contagiosa simpatia. L’unica differenza è nel modo in cui comunica questa forza naturale. D’altra parte, non servono snodabili braccia e gambe da showgirl, quando bastano i bagliori celesti di due occhi che accendono il racconto fluviale e pittoresco regalatoci a lavorazione conclusa. Anche gli attillati tutù e le acrobatiche pose sono un pallido ricordo nella signora che, golfino viola e biondi capelli tirati su, fa il punto sul suo debutto dietro la macchina da presa in un salone della seicentesca villa trasformata dall’industriale Pino Bisazza e dalla figlia Federica in museo del trendy, sfavillante a due passi dalle scalette di Monte. È qui che, coccolata dal compagno - e produttore del film - Umberto Anzolin, industriale di Arzignano, Heather Parisi continua con i suoi trailer di "Blind Maze", spartendo affettuose raccomandazioni fra la troupe e le deliziose figliole Rebecca, 15 anni, e Jacqueline, che ne ha invece 9.
- Ma, ai tempi di una canzoncina-tormentone come "Cicale cicale", la regista si nascondeva già dietro la soubrette?
«È sempre stato il mio sogno, e in tutto questo tempo l’ho coltivato con cura».
- Quando ha sentito che poteva provarci?
«Quando ho capito che alla tv non avevo più nulla da chiedere. Dopo che hai lavorato con Baudo e Celentano, dopo che hai ballato accompagnata da Miles Davis lì in studio con la sua tromba, dopo che i migliori coreografi ti hanno dedicato il loro genio, puoi solo fermarti. Anche se magari continuano a invitarti di qua e di là».
- Quali film ha studiato in tutto questo tempo?
«Di ogni genere. Se mi prendono, mi basta vederli una volta, e poi li ricordo scena per scena».
- Con quali autori succede?
«Con i fratelli Scott. Mi piace Ridley, che gira capolavori come "Alien" e "Blade Runner", ma amo ancora di più Tony, che in "Deja vù" arriva alla perfezione nella scansione delle immagini, nel taglio di ogni singola inquadratura».
- Un grande culto della tecnica, quindi.
«In questo ammetto con gioia di essere americana fino al midollo. La storia da raccontare è fondamentale, e deve essere piena di emozioni e colpi di scena. Ma, se non trovo la forma con cui esprimerla, resta tutta sulla carta. E invece deve diventare film».
- La storia di "Blind Maze" racconta di un gruppo di artisti, soprattutto ballerini, in una città di provincia. Le coreografie risultano quindi decisive.
«Il fatto poi che tutti i balletti avvengano dentro il teatro Olimpico era una sfida mica da ridere».
- Come l’ha affrontata?
«Poche visioni in campo lungo, tipo cartolina, perché sullo schermo uccidono la bellezza di un capolavoro del genere. Che invece va cercata, scoperta, quasi spiata, per suscitare le emozioni giuste. E quindi molti primi piani, molti scorci, molti particolari eccitanti. Così uno che abita dall’altra parte del mondo capisce che vale la pena andare fino a Vicenza per vedere il teatro Olimpico con i suoi occhi».
- Alla fine ha deciso di girare in digitale, e non in pellicola.
«Una fortuna, perché così ho potuto accumulare ore e ore di materiale, mentre la pellicola è troppo costosa, e non mi avrebbe permesso scelte come quella che ho fatto in una scena girata a villa Cordellina»
- Cosa è successo?
«All’inizio volevo utilizzare la steadycam, una macchina che segue i movimenti dei personaggi. Poi però guardo, e mi dico no, questo è come Sentieri, General Hospital, è tremendamente piatto come in una soap opera televisiva».
- E allora?
«Abbiamo rifatto tutto con la camera fissa. Una meraviglia, perché così, lavorando di più sulle espressioni, sono venuti fuori i sentimenti dei personaggi».
- Non è che a volte i suoi giovani attori l’hanno un po’ odiata?
«Forse, perché magari diventavo dura come un coach, un allenatore. Qualcuno mi ha detto che non potevo pretendere certe cose ma, siccome avevo ragione, alla fine le ha fatte, e mi ha pure abbracciato per ringraziarmi».
- Che risultati comincia a vedere?
«Emozioni forti, ragazzi che all’inizio del film avevano solo una bella faccia, ma alla fine tirano fuori anche un’anima. E che anima».
- In platea piangeremo?
«Lo spero proprio, abbiamo fatto di tutto perché succeda. In una scena ci ha messo lo zampino anche il Signore».
- Come?
«Solo Lui poteva far venire fuori un raggio di sole in mezzo alle nuvole, perché illuminasse una particolare scena. Tutti penseranno a un effetto speciale, invece è il Creatore».
- Ma un lieto fine, quello almeno ce lo regala?
«Ah, il finale... Penserete tutti che va in un certo modo...».
- E invece?
«Invece scoprirete di non avere capito nulla. Quando succede a me, sono pazza di gioia».
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Creato: Martedì, 26 Maggio 2009 01:00
Il Gazzettino, 26 maggio 2009
Palladio e Heather Parisi, un magico feeling
Proviamo a immaginare che il fantasma di Andrea Palladio, appostato fra le sette vie di Tebe, ogni tanto spii il movimento che interessa quotidianamente il suo teatro Olimpico. E che da lì esprima, con quel massimo riserbo che si suppone tipico dei defunti, una qualche sensazione di fronte a chi viene a calcare la scena del suo capolavoro.
Passi per quel sussiegoso ma formidabile pianista, un po’ meno per quell’attrice pretenziosa, tolleranza vicino allo zero nei confronti della danzatrice che si sente deposta su questa terra direttamente dall’Olimpo. Volete mettere con Heather Parisi, ballerina e soubrette, nata a Hollywood nel 1960, e giunta a imperitura notorietà in Italia cantando “Cicale cicale cicale” nei lontani sabati sera di Raiuno? Quella sì lo prende al cuore. Così bionda, carinissima e caciarosa. Adesso poi che si è messa in testa di esordire come regista, girando il suo primo film – titolo provvisorio “Blind Maze”, labirinto cieco – tutto a Vicenza, compresa una settimana di riprese all’Olimpico, l’Architetto fa un tale tifo per lei che, se fosse possibile, le donerebbe qualche scenografia.
È una simpatia che non nasce sul nulla, ma da un comune culto del lavoro: dove volare si può solo a volte, ma sgobbare si deve sempre. Lo sa l’ex “muraro” e scalpellino Andrea, arrivato a firmare progetti dopo avere percorso tutta la gavetta prevista in un cantiere di cinque secoli fa. E lo conferma Heather, professionista dello spettacolo così metodica e disciplinata da far terminare le riprese due ore prima del previsto: cosa assolutamente marziana per un set cinematografico, ma accaduta davvero la settimana scorsa all’Olimpico, dove sono ambientate scene decisive di questa storia, molto sentimentale e realistica, imperniata attorno ai sogni di gloria di alcuni giovani ballerini. Stati d’animo che Heather Parisi ricorda molto bene, consapevole di essere arrivata al successo tenendo sempre fede a certi principi. Uno di questi è il rispetto del lavoro altrui, come si apprende dal suo blog, dove ringrazia “il personale del teatro, e in particolare Federica, Stefano ed Emilio”. Attenzioni che notoriamente Palladio elargiva anche ai suoi più umili collaboratori. È questione di feeling.
Stefano Ferrio